Nel reclutamento dei docenti conta indicare il settore scientifico-disciplinare

L’indicazione del profilo scientifico in una procedura di reclutamento di associato (ex articolo 18 legge 240/2010) non può assurgere a momento valutativo della stessa procedura. È quanto afferma la pronuncia n.830 del 28 aprile 2016 emessa dalla terza sezione del Tar Lombardia. In particolare la pronuncia tra le altre cose si sofferma sull’esplicazione dei giudizi collegiali dei commissari chiamati a valutare i candidati che hanno presentato domanda alla procedura in questione.

Cosa prevede la norma

Nella fattispecie i giudizi sono in contrasto con quanto previsto dall’articolo18 della legge 240/2010 (la riforma Gelmini) poiché la norma richiede che la specificazione dell’eventuale profilo «avvenga “esclusivamente” tramite l’indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari. Tale profilo è dalla norma, seppur nella sua asciutta formulazione, tenuto distinto dalle “informazioni” sulle specifiche funzioni che il professore andrà a svolgere, che proprio in quanto informazioni, al pari di quelle relative ai diritti e ai doveri nonché al relativo trattamento economico e previdenziale, sono funzionali a far conoscere al candidato tali elementi, al fine di orientare la scelta di partecipare o meno alla procedura, ma non possono avere alcun rilievo, invece, nel momento valutativo che deve essere improntato alla ricerca del migliore candidato in relazione al settore concorsuale individuato». Questa impostazione vincola le università a specificare il settore concorsuale e l’eventuale profilo solo attraverso l’indicazione dei settori scientifico-disciplinari, non potendosi aggiungere altri elementi che possono limitare potenzialmente gli aventi titolo. Non si tratta in questo caso come sostenuto dalla parte soccombente di “doppiare” la procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, come paventano le difese dell’Università e del contro-interessato.

La commissione è andata oltre al bando

La sentenza specifica che «si tratta di procedure distinte finalizzate ad esiti diversi.Il sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, come delineato dall’articolo 16 della legge 240/2010, non costituisce una procedura concorsuale di tipo comparativo tra i singoli partecipanti, in quanto la commissione è chiamata a valutare il curriculum di studi e professionale dei diversi candidati al fine di verificare il possesso dei requisiti di “maturità scientifica” necessari per poter accedere alle successive procedure concorsuali per la nomina a docente di prima e di seconda fascia. Tali ultime procedure, invece, che determinano l’instaurazione di un rapporto di pubblico impiego, sono improntate alla scelta, attraverso una selezione comparativa, del miglior candidato in relazione al posto da ricoprire, individuato, secondo il disposto di cui all’articolo 18 della legge 240/2010, esclusivamente tramite l’indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari». In buona sostanza l’operato della commissione è andato oltre al profilo indicato nel bando nel momento in cui ha fatto assurgere le «informazioni» sulla tipologia di «impegno clinico e scientifico a criteri di valutazione, così integrando la specificazione del profilo con elementi ulteriori rispetto alla indicazione del settore scientifico-disciplinare». Questo comportamento la commissione l’aveva già avuto nel momento della definizione dei criteri di valutazione dei candidati dove l’indicazione dell’«esperienza di direzione di unità operativa complessa» ha avuto un peso fondamentale e la commissione diversamente operando ha scambiato secondo il Tar la procedura di selezione per il reclutamento di un professore associato con quella per un incarico di struttura complessa. È proprio per questo che la commissione va rinnovata, secondo il Tar, nella sua composizione.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 16.06.2016