Nel reclutamento dei docenti conta indicare il settore scientifico-disciplinare

Giu 16, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Nel reclutamento dei docenti conta indicare il settore scientifico-disciplinare

L’indicazione del profilo scientifico in una procedura di reclutamento di associato (ex articolo 18 legge 240/2010) non può assurgere a momento valutativo della stessa procedura. È quanto afferma la pronuncia n.830 del 28 aprile 2016 emessa dalla terza sezione del Tar Lombardia. In particolare la pronuncia tra le altre cose si sofferma sull’esplicazione dei giudizi collegiali dei commissari chiamati a valutare i candidati che hanno presentato domanda alla procedura in questione.

Cosa prevede la norma

Nella fattispecie i giudizi sono in contrasto con quanto previsto dall’articolo18 della legge 240/2010 (la riforma Gelmini) poiché la norma richiede che la specificazione dell’eventuale profilo «avvenga “esclusivamente” tramite l’indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari. Tale profilo è dalla norma, seppur nella sua asciutta formulazione, tenuto distinto dalle “informazioni” sulle specifiche funzioni che il professore andrà a svolgere, che proprio in quanto informazioni, al pari di quelle relative ai diritti e ai doveri nonché al relativo trattamento economico e previdenziale, sono funzionali a far conoscere al candidato tali elementi, al fine di orientare la scelta di partecipare o meno alla procedura, ma non possono avere alcun rilievo, invece, nel momento valutativo che deve essere improntato alla ricerca del migliore candidato in relazione al settore concorsuale individuato». Questa impostazione vincola le università a specificare il settore concorsuale e l’eventuale profilo solo attraverso l’indicazione dei settori scientifico-disciplinari, non potendosi aggiungere altri elementi che possono limitare potenzialmente gli aventi titolo. Non si tratta in questo caso come sostenuto dalla parte soccombente di “doppiare” la procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, come paventano le difese dell’Università e del contro-interessato.

La commissione è andata oltre al bando

La sentenza specifica che «si tratta di procedure distinte finalizzate ad esiti diversi.Il sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, come delineato dall’articolo 16 della legge 240/2010, non costituisce una procedura concorsuale di tipo comparativo tra i singoli partecipanti, in quanto la commissione è chiamata a valutare il curriculum di studi e professionale dei diversi candidati al fine di verificare il possesso dei requisiti di “maturità scientifica” necessari per poter accedere alle successive procedure concorsuali per la nomina a docente di prima e di seconda fascia. Tali ultime procedure, invece, che determinano l’instaurazione di un rapporto di pubblico impiego, sono improntate alla scelta, attraverso una selezione comparativa, del miglior candidato in relazione al posto da ricoprire, individuato, secondo il disposto di cui all’articolo 18 della legge 240/2010, esclusivamente tramite l’indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari». In buona sostanza l’operato della commissione è andato oltre al profilo indicato nel bando nel momento in cui ha fatto assurgere le «informazioni» sulla tipologia di «impegno clinico e scientifico a criteri di valutazione, così integrando la specificazione del profilo con elementi ulteriori rispetto alla indicazione del settore scientifico-disciplinare». Questo comportamento la commissione l’aveva già avuto nel momento della definizione dei criteri di valutazione dei candidati dove l’indicazione dell’«esperienza di direzione di unità operativa complessa» ha avuto un peso fondamentale e la commissione diversamente operando ha scambiato secondo il Tar la procedura di selezione per il reclutamento di un professore associato con quella per un incarico di struttura complessa. È proprio per questo che la commissione va rinnovata, secondo il Tar, nella sua composizione.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 16.06.2016

Abilitazione nazionale; le commissioni devono valutare ogni elemento

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Abilitazione nazionale; le commissioni devono valutare ogni elemento

Ancora un altro intervento nella tormentata vicenda delle abilitazioni scientifiche nazionali:
questa volta si interviene a sanzionare la manca valutazione analitica delle pubblicazioni da
parte dei commissari. In particolare esiste la violazione dell’articolo 8, comma 4, del decreto di
indizione della procedura per ottenere l’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo
dei professori universitari (Dpr n. 222\2011) – che prescrive una valutazione “analitica” delle
pubblicazioni scientifiche e dei titoli presentati – ove i giudizi si limitino a formulare la
valutazione finale per ciascuna categoria di elementi presi in considerazione, senza individuare
singolarmente alcuno di essi.
Il reclutamento
Si ricorda che la legge 240/2010 stabilisce una nuova disciplina per il reclutamento dei
professori universitari di prima e seconda fascia. Si introduce, in primo luogo, l’abilitazione
scientifica nazionale e, quindi, si regola il concorso di sede per l’effettivo inquadramento.
Il ministro, con nota circolare 754 del 2013 (indirizzata alle commissioni), aveva ricordato: «La
valutazione complessiva del candidato (…) deve fondarsi sull’analisi della produzione scientifica
dello stesso. Il superamento degli indicatori numerici specifici non è fattore di per sé sufficiente
ai fini del conseguimento dell’abilitazione. Di norma, infatti, l’abilitazione deve essere attribuita
dalle commissioni esclusivamente ai candidati che abbiano soddisfatto entrambe le condizioni
(giudizio di merito e superamento degli indicatori di impatto della produzione scientifica).
Tuttavia, come previsto dall’articolo 6, comma 5, le commissioni possono discostarsi da tale
regola generale. Ciò significa che le commissioni possono non attribuire l’abilitazione a
candidati che superano le mediane prescritte per il settore di appartenenza, ma con un giudizio
di merito negativo della commissione, ovvero possono attribuire l’abilitazione a candidati che,
pur non avendo superato le mediane prescritte, siano valutati dalla commissione con un
giudizio di merito estremamente positivo.
L’obbligo di motivazione
Resta fermo che ogni decisione della commissione, relativamente a quanto precede, dovrà
essere rigorosamente motivata secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 5, del citato
decreto e nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 3, comma 3, del medesimo decreto, sia in
sede di predeterminazione dei criteri che di giudizio finale».
È infatti vero che tale prescritta analiticità deve tenere conto dell’elevato numero di candidati
partecipanti alla procedura e, inoltre, del numero di pubblicazioni e titoli che ogni commissione
deve valutare per ciascuno di essi (attesa la prescrizione di produrre le pubblicazioni rilevanti
per esteso). Ma è altresì necessario che ciascuno dei candidati possa avere sicura contezza
dell’avvenuta valutazione delle sue opere e della ragione per cui esse non sono state ritenute
degne di giudizio positivo. Occorre, quindi, che le commissioni espongano in modo chiaro,
completo e sintetico le ragioni di idoneità o non idoneità all’abilitazione, fondate sulla analitica
valutazione degli elementi di giudizio. Si veda ancora a questo proposito anche la sentenza Tar
Lazio n.8552 del 22 giugno 2015 che ancora una volta ribadisce lo stesso principio. Si evidenzia
ancora una volta il difficile contemperamento tra numero di candidati, lavoro delle commissioni
giudicatrici e metodi di valutazione.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 12.10.2015

Chiamata del docente invalidata con conflitto d’interesse con commissione

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Chiamata del docente invalidata con conflitto d’interesse con commissione

Con la sentenza n. 323 del 7 agosto 2015, il Tar di Trieste ha annullato gli atti di una procedura
selettiva per la chiamata, effettuata ai sensi dell’articolo 18, comma 1, della legge 240/2010, per
un posto di professore universitario di II fascia indetta dall’Università degli studi di Udine. Fra i
vari motivi di gravame, accolti dal Tar, vale la pena soffermarsi su quello relativo
all’incompatibilità sussistente fra la candidata risultata vincitrice e uno dei componenti della
commissione, legati da una lunga e costante collaborazione in studi e ricerche che, ad avviso del
ricorrente, trascendeva il mero rapporto docente discente.
Il caso specifico
Il collegio, infatti, ha tenuto in considerazione il fatto che, come risulta dall’elenco delle
pubblicazioni scientifiche possedute, il membro della commissione e la vincitrice della selezione
sono coautori di 54 articoli pubblicati su riviste nazionali e internazionali e in 4 su 5 reviews su
riviste internazionali. Ancora, nell’elenco delle pubblicazioni scientifiche presentate dalla
ricorrente per la selezione, ovvero quelle che la stessa ha offerto in valutazione, la professoressa
membro della commissione e la vincitrice sono coautrici di 16 lavori su 20. Ad avviso del
collegio, tale circostanza è in grado di compromettere la serenità e obiettività del giudizio.
Infatti il «Collegio non ignora che seppure in giurisprudenza è stato affermato che “i rapporti
scaturiti dalla cura delle pubblicazioni scientifiche in comune fra i membri della commissione
d’esame e i candidati non costituiscono di per se soli vizi della procedura concorsuale né
alterano la par condicio fra candidati specie se si considera che nel mondo accademico le
pubblicazioni congiunte sono ricorrenti per il rilievo che assumono come titoli valutabili, nelle
carriere scientifiche dei concorsi”, pur tuttavia, nel caso in specie, l’intensità della collaborazione
scientifica fra la candidata e il membro di commissione sia di per sé ostativa all’espressione da
parte di quest’ultima di un giudizio obiettivo e imparziale, essendo ovviamente assai difficile
che la commissaria non valuti in maniera più che positiva dei lavori per la cui realizzazione ha
offerto il proprio personale contributo scientifico».
La giurisprudenza
Il Tar friulano fa dunque proprio l’assunto del tar Molise nella sentenza del 12 luglio 2012, n. 715,
ovvero che «è evidente che in un concorso pubblico universitario basato sula valutazione
comparativa dei titoli scientifici non può essere priva di rilievo la circostanza che uno dei
commissari sia coautore insieme a uno dei candidati di numerosissimi lavori scientifici proposti
per la valutazione sia la stessa persona a dare una valutazione- sia pure in un giudizio condiviso
da tutta la commissione- sui lavori scientifici di cui essa è coautrice.
A tale conclusione si giunge anche senza dover supporre che fra commissaria e concorrente vi
sia una comunanza di interessi di vita di intensità tale da porre in parentesi la serenità di
giudizio della componente della commissione». Il Collegio, in sostanza, ha condiviso le
considerazioni più volte espresse dal Consiglio di Stato (ex pluris Cons. Stato V, 3133/2012)
secondo cui il conflitto di interessi «si individua nel contrasto tra due interessi facenti capo a
una stessa persona, uno dei quali di tipo istituzionale e l’altro di tipo personale». In questi casi
sussiste un obbligo di astensione la cui ratio «va ricondotta al principio costituzionale
dell’imparzialità dell’azione amministrativa, sancito dall’articolo 97 Costituzione, ma anche
dall’articolo 1 della legge 241/90, a tutela del prestigio dell’Amministrazione che deve essere
posta al di sopra del sospetto di parzialità, e costituisce regola tanto ampia, quanto insuscettibile
di compressione alcuna». La trasparenza dell’agire pubblico deve quindi essere assicurata da
un’azione amministrativa retta dai principi di imparzialità e di buon andamento (ex art. 97
Cost.), oltre che di uguaglianza (ex art. 3 Cost.), imponendo che le Commissioni concorsuali
assolvano i loro compiti in perfetta neutralità, rendendo incompatibile la presenza di un
componente che si trovi in conflitto di interessi.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 18.09.2015

Piano integrato della performance; ecco le linee guida

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Piano integrato della performance; ecco le linee guida

Con la delibera n. 103 del 20 luglio 2015, il consiglio direttivo dell’Anvur ha approvato in via
definitiva le linee guida per la gestione integrata del ciclo della performance delle università
statali e degli enti pubblici di ricerca italiani. Ci sono alcune modifiche rispetto alla versione
del maggio 2015, posta in consultazione fino al 26 giugno scorso
Le novità principali delle linee guida
In particolare le nuove linee guida nel ribadire il forte ancoraggio tra performance e
missioni istituzionali, invitano le amministrazioni a mettere in evidenza eventuali
sovrapposizioni di diversi documenti strategici e i risvolti negativi che da esse dipendono
(paragrafo 4); questa parte del documento è veramente superflua: già si sa che una delle
sovrapposizioni è data dal fatto che nella stessa data va approvato il piano triennale
anticorruzione e questo evidenzia ancora una volta il non coordinamento tra Anac e Anvur.
In merito all’armonizzazione con la programmazione economico-finanziaria, le linee guida
fanno esplicito riferimento alla necessità di descrivere nel Piano integrato effetti e
prospettive per il miglioramento dell’efficienza economica (par. 4): anche in questo caso è
interessante la questione, ma il miglioramento dell’efficienza si può avere a consuntivo
considerando che l’approvazione dei bilanci preventivi e fissata prima della fine dell’anno.
Le linee guida chiariscono poi le ragioni per cui è importante non tralasciare il tema della
valutazione della performance individuale (par. 5.5), ma ormai tutti gli atenei hanno
recepito le impostazioni della legge Brunetta e quindi l’aspetto della performance
individuale sarebbe rilevante se combinato con quella organizzativa. E ancora le linee guida
rinforzano l’importanza di esplicitare la sinergia, reale e potenziale, tra la componente
accademica e quella amministrativa anche nelle strutture decentrate (par. 6): si tratta di
auspici ancora, ma non si ha una vera valutazione delle strutture e men che meno della
componente accademica. Infine le linee guida introducono la richiesta della descrizione di
un assessment iniziale in funzione della pianificazione e della valutazione della gestione
della performance orienta al miglioramento (change management – par. 6.3): ottima
riflessione ma sempre a livello teorico, sono troppo diversi gli atenei rispetto alle
implicazioni del change management.
Il nodo del rapporto tra peformance e anti-corruzione
Tre le altre novità si segnala il fatto che l’ultima versione delle linee guida argomentano in
maniera più compiuta la scelta di considerare il 2016 un anno sperimentale per una
selezione più accurata di indicatori comuni per il benchmarking (par. 7.2). E poi
introducono un esplicito riferimento all’esigenza di dotarsi di un sistema informativo di
supporto al processo di misurazione e valutazione della performance (par. 7.2) ed
estendono l’integrazione con la normativa su trasparenza e anticorruzione alla relazione
sulla performance, seppur nei limiti dovuti a un disallineamento temporale più accentuato
rispetto al Piano Integrato (par. 9). Quest’ultimo è il punto più critico . Se da una parte è
vero che le implicazioni tra i vari aspetti sono reali, gli obiettivi sono diversi. Non è sempre
detto che l’incremento della performance dia un argine all’anticorruzione e comunque gli
obiettivi perseguiti dall’Anac sono diversi visto che tra breve verrà modificato il Piano
nazionale anticorruzione e quindi avremo sicuramente ulteriori implicazioni nei piani
triennali anticorruzione e trasparenza. Le linee guida completano inoltre la descrizione
degli attori del sistema di valutazione affiancando il ruolo fondamentale dalle
amministrazioni alle funzioni valutative svolte da Anvur e dai nuclei-Oiv (par. 10) e
aggiungono riferimenti specifici all’attività di valutazione dei Nuclei-Oiv (descrizione della
struttura tecnica permanente di supporto, proposte di modelli di validazione della
Relazione sulla Performance – par.11). Sulla questione è importante forse uscire dal guado
delle funzioni non ben definite dei Nuclei di Valutazione su questo aspetto. Allo stato,
tranne qualche isolata eccezione, la nascita dei nuclei di valutazione degli atenei risponde
ad esigenze diverse rispetto alle funzioni date dalla legge agli Oiv e non è possibile
superarle estendendo solo le funzioni. Il sistema allo stato non funziona, bisogna ripensare
al metodo di individuazione, alle tipologie di soggetti che li compongono e agli ambiti di
attività che devono essere più ampi e penetranti.
La pubblicazione del piano
La scadenza per la pubblicazione del piano integrato 2016-18 è fissata per legge al 31
gennaio 2016. Sicuramente rispetto alla versione diffusa oltre un mese fa e messa in
consultazione abbiamo un notevole passo avanti anche per effetto dell’attività di
consultazione effettuata dal Codau sul documento pubblicato. Quello che però non si può
non evidenziare è il mancato coordinamento tra diverse autorità. Si pensi al recente
convegno dell’Anac il 14 luglio dove nessun accenno è stato fatto al tentativo di integrazione
posto in essere dall’Anvur, quindi ancora una volta si appalesano nuove attività per gli
atenei. Per l’anno in corso è confermata, inoltre, la scadenza del 15 settembre per la
validazione sulla relazione della performance relativa all’anno 2014 a cura dei nuclei-Oiv
secondo quanto previsto dal Dlgs 150/09.

L’articolo è stato pubblicato su Scuola24 e scritto dal dott. Tedesco il 3 Agosto 2015

 

Nel reclutamento gli Atenei devono seguire le graduatorie

Mag 13, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Nel reclutamento gli Atenei devono seguire le graduatorie

Una recentissima sentenza del Consiglio di Stato (la n. 2927/2015 ) relativa alla procedura di
chiamata di un ricercatore universitario a tempo determinato, ex articolo 24 L. 240/2010,
conferma che non è possibile considerare l’esito della selezione come un albo degli idonei.
La procedura che nel caso specifico riguardava l’ateneo Federico II di Napoli si era conclusa con
la formulazione di una proposta di chiamata del candidato collocatosi al secondo posto della
graduatoria finale e tale delibera era stata motivata dal Consiglio di Dipartimento in ragione
dell’asserito criterio della maggiore corrispondenza al profilo del soggetto da reclutare . Tale
deliberazione (di proposta di chiamata) e gli altri atti presupposti erano stati impugnati dal
candidato classificatosi al primo posto della graduatoria. In primo grado, il Tar territoriale si era
pronunciato con una sentenza (n. 4237/2014 ) di accoglimento del ricorso riscontrando
l’illegittimità dell’operato dell’ateneo. Secondo il Tar, una volta effettuata la procedura, non è
possibile trattare la graduatoria alla stregua di un albo dal quale attingere, pena la
compromissione dei fondamentali principi di trasparenza, di selettività nell’accesso e di certezza
dei rapporti, ciò per tacere che avallare la tesi sostenuta dalla difesa dell’ateneo determinerebbe
un insanabile contrasto con i principi ispiratori della Carta europea dei ricercatori oltre che con
la ratio sottesa alla riforma. Pertanto aveva ritenuto illegittima la previsione di cui all’articolo 19
del bando di concorso, laddove consentiva al Consiglio di Dipartimento di discostarsi
motivatamente dalla graduatoria, essendo ciò in contrasto con la lettera e la ratio del predetto
articolo 24 della legge n. 240/2010.
In particolare il Regolamento di ateneo sulle procedure di chiamata dei ricercatori non può
essere considerato un “regolamento di delegificazione”, bensì una normale fonte di secondo
grado che, se in contrasto con la norma primaria, ben può essere disapplicata dal giudice
amministrativo anche in assenza di una specifica impugnazione (Consiglio Stato, VI, n. 5098 del
2007 e richiami ivi contenuti). Il principio ribadito da Palazzo Spada si presenta rilevante poiché
specifica nel complesso quadro normativo disegnato dalla legge 240/2010 la tipologia di esito
che deriva a valle della procedura di reclutamento di ricercatore a tempo determinato «a» e «b»
e cioè che si tratta di una vera e propria procedura di selezione.

L’articolo è stato scritto dal dott. Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 22.07.2015