Una recente sentenza del 15 giugno 2015 del Tar Lazio ha giudicato illegittima la delibera n.
144/2014 adottata in data 7 ottobre 2014, con la quale l’Autorità nazionale anti-corruzione (Anac),
nell’affrontare una serie di questioni riguardanti la recente normativa in materia di obblighi di
trasparenza e pubblicità di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ha ritenuto che anche
le Università cosiddette «libere» e cioè le Università non statali legalmente riconosciute siano
assoggettate a tale disciplina, poiché sarebbero comprese nella nozione di «amministrazioni
pubbliche» di cui all’articolo 1, comma 2, del Dlgs 165 del 2001. Il ricorso è stato proposto
dall’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano. In sostanza questo significa che alle
Università cosiddette libere non si applicano gli obblighi di pubblicità e trasparenza di cui al
Dlgs n.33 del 2013, in quanto esse non rientrano nella nozione di amministrazioni pubbliche
La questione della qualificazione pubblica
In base a una lettura del Testo Unico n. 1592 del 1933 conforme al principio di libertà della scuola
di cui all’articolo 33, comma 3, Costituzione, la sentenza avverte che deve escludersi che
l’appartenenza alla categoria di cui al n. 2 dell’articolo 1 del Testo Unico implichi per l’università
cosiddetta “libera” la qualificazione di persona giuridica pubblica. La questione è importante
anche per l’impatto che può avere per le università di cui non può non sfuggire che allo stesso
modo delle Università libere svolgono attività di ricerca ai sensi dell’art.33 della Costituzione e
quindi sarebbe al caso che la stessa autorità evidenziasse bene il ragionamento logico che sta
alla base di questa affermazione. Inoltre le università libere non possono però essere
considerate una volta enti pubblici e per altri aspetti no in quanto altrimenti il sistema non
regge. Ad esempio l’Università di Kore Enna ha natura (quale libera università appartenente alla
categoria di cui al n. 2 dell’articolo 1 T.U. delle leggi sull’istruzione superiore approvato con R.D.
31/08/1933 n. 1592) di persona giuridica di diritto privato, tuttavia dal riconoscimento (sempre
articolo 1 del T.U.) della personalità giuridica non deriva una chiara e netta natura privata della
stessa. Anzi, un’indicazione in senso contrario potrebbe trarsi dalla circostanza che, in passato,
per alcune università vi era stata una espressa qualificazione pubblicistica (vedi a esempio
l’articolo 1 del R.D. n. 1163/39 per l’Università Cattolica del sacro Cuore) sicché inevitabile appare
il ricorso ai cosiddetti indici sintomatici, e in riferimento all’Università Pro Deo il principio di
pubblicità è stato enunciato dalla sentenza 9/11/1974 n. 3480 delle Sezioni unite civili della
Corte di Cassazione sulla base di indicatori, tratti dalla normativa positiva, ritenuti sufficienti
per configurare, attraverso una sostanziale equiparazione nella natura e nelle finalità delle
università libere alle università statali, un rapporto di ausiliarietà con lo Stato. Certamente non
può negarsi la figura un Organismo di diritto pubblico, e come tale un’«amministrazione
aggiudicatrice» ai sensi dell’articolo 3, comma 15, del Dlgs 163/2006 in attuazione della
sopravvenuta direttiva 18/2004/CE assoggettata alle regole dettate dal Dlgs 157/1995, poiché
presenta i tre requisiti individuati dal diritto comunitario: a) la personalità giuridica; b) il
soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale;
c) la sottoposizione ad influenza pubblica. Detta circostanza non significa però che tale soggetto
associativo sia ontologicamente omologabile, ad ogni effetto, a una «Pubblica
amministrazione», ossia ad una persona giuridica pubblica non ordinata in forma societaria o
associativa e che svolge le proprie funzioni con modalità di tipo prevalentemente autoritativo.
Deve essere precisata la natura dell’Università
Sempre lo stesso articolo 3 del Dlgs n. 163/2006 ben distingue al suo comma 25, all’interno della
categoria delle «amministrazioni aggiudicatrici» (a sua volta anch’essa confluente nella più
generale nozione di «enti aggiudicatrici») le «amministrazioni dello Stato e gli Enti pubblici
territoriali». È un ente assoggettato al controllo della Corte dei Conti per fatti di gestione ai sensi
dell’art. 1 e 3 della L. n. 20/1994, in considerazione che sulla scorta della già citata
giurisprudenza costituzionale, per la devoluzione di fattispecie alla giurisdizione della Corte dei
Conti, il “discrimen” della giurisdizione contabile risiede nella natura pubblica delle risorse
finanziarie di cui esso si avvale, avendo il legislatore del 1994 inteso tutelare il patrimonio
pubblico. Pertanto non si può solo per i fini della trasparenza escludere l’Università libera dal
novero delle amministrazioni pubbliche. Alla fine che applicazione si ha del precetto
legislativo?.Forse sarebbe il caso di intervenire a precisare la particolare natura delle Università
all’interno del panorama pubblico italiano e quindi con riferimento alla delibera n.144 prevedere
la corretta applicazione. Non si possono fare norme astratte e generali ma spiegare l’obiettivo
del legislatore all’interno di un contesto, quello delle università, la cui legge fondamentale
continua ad essere lo statuto che è diverso in tutti gli atenei ed è espressione dell’autonomia
riconosciuta dalla Costituzione.