Consiglio di Stato boccia l’appello dell’Anac sulle Università libere

Lug 26, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Consiglio di Stato boccia l’appello dell’Anac sulle Università libere

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello dell’Anac avverso la sentenza del Tar Lazio che aveva stabilito la non applicabilità delle norme in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza alle università cosiddette libere.

Tutto il dibattito si volge intorno alla definizione di ente pubblico e più in particolare a tale definizione con riguardo alle università libere, con specifico riferimento all’applicabilità del dlgs 33/2013.

Il Consiglio di Stato pur pervenendo alle medesime conclusioni, ha seguito una strada argomentativa diversa dal Tar Lazio, censurandone esplicitamente l’approccio meramente formalistico basato sull’applicazione acritica della legge n. 70 del 1975,  che prevede espressamente che “nessun nuovo ente pubblico possa essere istituito se non per legge”, e sull’affermazione secondo cui che, ai fini di determinare l’applicabilità o meno di una disciplina legislativa pubblicistica, debba privilegiarsi una nozione “statica” e “formale” di pubblica amministrazione.

Il Consiglio di Stato ritiene invece che l’individuazione dell’ente pubblico debba avvenire in base a criteri non “statici” e “formali”, ma “dinamici” e “funzionali”: ciò implica che il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato e la relativa definizione non è fissa e immutevole. Ebbene, proprio per questo, nonostante gli orientamenti giurisprudenziali che, in alcune occasioni (in particolare ai fini del
riparto della giurisdizione sulle controversie concernenti il rapporto di impiego o della sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti per le controversie aventi ad oggetto la responsabilità di amministratori e dipendenti), hanno affermato la loro equiparazione agli enti pubblici, dando rilevanza gli scopi, alla struttura organizzativa e ai poteri amministrativi ritenuti del tutto analoghi a quelli delle Università statali (così testualmente, ad esempio, Cass. Sez. Un., 11 marzo 2004, n. 5054, riferita alla L.U.I.S.S.), tali arresti giurisprudenziali non possono essere invocati per sostenere, sic et simpliciter, una completa equiparazione, ad ogni fine, tra Università private ed enti pubblici. La nozione cangiante di ente pubblico impedisce, infatti, di estendere automaticamente la qualifica pubblicistica riconosciuta a un ente in determinati ambiti, al fine di giustificare automaticamente la sua integrale soggezione alla disciplina di diritto pubblico.

Partendo da tale assunto il Consiglio di Stato rispetto all’applicazione degli obblighi in materia di trasparenza e di pubblicità debba escludersi la qualificazione delle c.d. libere Università in termini di ente pubblici perché l’art. 33 Cost. che, al comma 1, riconosce la libertà di insegnamento, al comma 3, stabilisce il diritto di “enti e privati” di istituire scuole e istituti di educazione, e, all’ultimo comma, riconosce alle Università “il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”, comporta non solo che i privati possano promuovere l’istituzione di centri di istruzione, ma anche che a questi centri istituiti da privati debba essere garantita una natura sostanzialmente privata, per rispettare il principio di “autonomia ordinamentale” e di “libertà” che ad essi la Costituzione garantisce. L’art. 33 Cost. preclude, pertanto, alla legge di operare una sostanziale “pubblicizzazione” delle Università non statali, imponendo ad esse obblighi, anche in materia di trasparenza e pubblicità,
preordinati ad introdurre una forma di controllo pubblicistico e collettivo, che contrasterebbe con la natura sostanzialmente privata che effettivamente le connota.

A questo link è possibile leggere la sentenza completa del Consiglio di Stato.

Parte il piano d’assunzione straordinario 2016 nelle Università

Giu 23, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Parte il piano d’assunzione straordinario 2016 nelle Università

L’ultima legge di stabilità si è contraddistinta tra l’altro per aver previsto in modo innovativo alcune procedure straordinarie che garantissero da un parte un reclutamento e quindi un ricambio nelle università dall’altra un intervento finanziario teso a favorire questa attività. In particolare Il comma 206 della legge n.208/2015 ha previsto un piano straordinario per la chiamata di professori universitari di prima fascia. A tal fine, dispone un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (Ffo) di 6 milioni di euro nel 2016 e di 10 milioni annui dal 2017.

Le norme sulle assunzioni

In materia si ricorda che l’articolo 66, co. 13-bis, del Dl 112/2008 (legge 133/2008) ha fissato le misure percentuali di turn-over valide con riferimento “al sistema” delle università nel suo complesso (limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 60% per il 2016, 80% per il 2017 e 100% a decorrere dal 2018, di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente) e ha previsto che all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascun ateneo si provvede con decreto del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, «tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 7 del Dlgs 49/2012». Quest’ultimo, infatti, ha individuato, limitatamente all’anno 2012, le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato, rimettendo ad un Dpcm la definizione della disciplina applicabile agli anni successivi. Il Dpcm e intervenuto il 31 dicembre 2014 con riferimento al triennio 2015-2017. Da ultimo, il contingente assunzionale delle università statali – espresso in termini di punti organico (corrispondente al costo medio nazionale di un professore di prima fascia), utilizzabili per l’assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato a carico del bilancio di ogni università – è stato definito, per l’anno 2015, dal Dm 21 luglio 2015, n. 503

Le procedure di reclutamento del piano

Con decreto del ministero dell’Università e dell’Economia n.242 del 8/4/2016 comunicato in questi giorni alle Università è stato varato il meccanismo del reclutamento straordinario che presenta caratteristiche innovative in quanto si prevede l’attribuzione di un contingente di punti organico commisurato secondo l’ordine crescente del numero di soggetti afferenti alle università statali e alle istituzioni ad ordinamento speciale che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale di prima fascia ai sensi della legge n,240/2010 o anche l’idoneità ai sensi della legge n.210/1998. In buona sostanza minore è il tasso di “idonei” interni maggiore sono i punti assegnati. Se si guarda la tabella allegata al provvedimento si nota che le scuole ad ordinamento speciale (in primis la Scuola Imt di Lucca e lo Iuss di Pavia con 0 idonei interni beneficiano di 1 punto organico fino a scendere ad esempio a Roma la Sapienza che beneficia di 2 punti organico ma ha ben 479 idonei interni di I fascia). Inoltre lo stesso provvedimento vincola una quota dell’assegnazione di punti dallo 0,2 allo 0,4 al reclutamento di docenti esterni all’ateneo. Ancora una volta si evidenzia la volontà del legislatore di privilegiare un principio di mobilità nel settore del personale docente quasi mai utilizzato nell’applicazione quotidiano e
sempre utilizzato con il meccanismo degli incentivi ministeriali. Anche nella bozza del decreto del Ffo del 2016 il ministero cofinanzierà il reclutamento di professori provenienti dall’esterno degli atenei. Le procedure di reclutamento straordinario dei professori di I fascia possono effettuarsi ai sensi dell’articolo 2 comma 1 del provvedimento in questione non prima del mese in corso e comunque non oltre il mese di dicembre 2016.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 23.06.2016

Trasparenza e Anti-Corruzione; la nuova frontiera del manager pubblico

Giu 22, 2016 | Posted by in Diritto Amministrativo, News | Commenti disabilitati su Trasparenza e Anti-Corruzione; la nuova frontiera del manager pubblico

Nel mese di Maggio 2016 è stato pubblicato il testo “Trasparenza e Anti-Corruzione; la nuova frontiera del manager pubblico” a cura di Pietro Previtali, Raffaella Procaccini e Andrea Zatti per la Pavia University Press.

Il testo contiene numerosi contributi forniti, tra l’altro, dal dott. Vincenzo Tedesco, il quale parla di “Trasparenza e Anti-Corruzione: vincoli e opportunità per la pubblica amministrazione”.

Nelle righe seguenti è possibile leggere la prima parte della Prefazione, scritta dal Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Pavia, Cesare Maragoni.

<<C’era un Paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza, per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo di una sua armonia>>.

Inizia così l’Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti di Italo Calvino; un paese dove, per ottenere il riconoscimento di un diritto, è naturale ricorrere al sotterfugio, alla scorciatoia, all’aiuto, all’appoggio, all’intercessione, alla buona parola, al buon ufficio, alla presentazione, alla segnalazione, alla spintarella, al favore dell’amico, alla mitica raccomandazione. È proprio su questa necessità – come nella favola delle api di Bernard de Mandeville – che vive e prospera la corruzione, ovvero il disfacimento, il mercimonio, la decomposizione dell’essenza stessa dello Stato di diritto. La corruzione non è certo un fenomeno recente, se è vero che molte personalità del passato sono state coinvolte in scandali che, se razionalmente approfonditi, ne metterebbero seriamente in discussione la grandiosità storica per la quale sono ricordati, studiati, portati ad esempio. Nel V secolo a.C. l’‘incorruttibile’ Pericle fu sospettato di aver lucrato sui lavori pubblici per la costruzione del Partenone, e lo scultore che su suo incarico sovraintese tra il 447 e il 432 a.C. ai lavori, Fidia, fu trascinato in giudizio con l’imputazione di aver sottratto parte dell’oro destinato alla statua di Atena. Riferisce Plutarco che un secolo dopo, nel 324 a.C., Demostene, il difensore dell’indipendenza ateniese da Filippo il Macedone e da Alessandro Magno, fu pesantemente implicato nell’‘affare Arpalo’ (la sparizione di metà del patrimonio sottratta ad Alessandro dal suo tesoriere) e costretto all’esilio. Racconta Svetonio che pure su Giulio Cesare gravò il sospetto di essersi procurato illecitamente grandi quantità di denaro. Un sospetto che è aleggiato anche sui suoi uomini e sui suoi rivali: «gli abiti dei suoi governatori erano fatti solo di tasche», ha scritto Bertolt Brecht ne Gli affari del signor Giulio Cesare; e Montesquieu – nelle Considerazioni sulle cause della grandezza dei romani e della loro decadenza – estese l’accusa di malversazione a Crasso e Pompeo, rei di aver introdotto «l’uso di corrompere il popolo con i soldi».

Nei secoli il trend non è assolutamente mutato. L’ultima edizione della classifica annuale di Transparency International relativa all’indicatore CPI (Corruption Perception Index), vale a dire della corruzione percepita nella pubblica amministrazione, pone per il 2015 l’Italia al 61° posto, a pari merito con Lesotho, Senegal, Sudafrica e Montenegro. Dietro di noi, in Europa, solo la Bulgaria. Negli anni precedenti abbiamo oscillato attorno alla 70a posizione. Quindi un leggero miglioramento, ancora troppo presto per dire che si è davanti ad una svolta, ma un piccolo segnale che non va sottovalutato: forse la strada intrapresa può essere quella giusta. In effetti, nel nostro Paese non si è mai affrontato in modo strutturale il tema della prevenzione della corruzione, lasciando di fatto alle sole forze dell’ordine e ai tribunali sia il compito di reprimere, sia quello di prevenire. Eppure dalla classifica di Transparency International a quella della World Bank, al rapporto anticorruzione dell’Unione Europea sono anni che l’opinione pubblica – nazionale e internazionale – ci addita su questo tema come la cenerentola dei paesi economicamente più sviluppati. Dando dunque per assodato che il problema corruttivo sia ben radicato nel nostro paese, come possiamo risolverlo, nell’auspicio di avvicinarci, tra 10-15 anni, alla top ten dei paesi virtuosi?
A mio sommesso avviso diventa cruciale la ‘politica di prevenzione’ che l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) sta sviluppando in un intreccio virtuoso di regole e di cultura, di law e di soft law. E in tal senso si muove il Legislatore, che nell’ultimo provvedimento emanato ha rafforzato i poteri dell’ANAC, con l’obiettivo di trasformare l’authority di vigilanza anche in un regolatore del mercato. E in effetti a livello di regole di prevenzione probabilmente il quadro è chiaro, anche se tutto è perfettibile e in continuo divenire. Sul fronte della corruzione ‘dai privati verso la p.a.’ abbiamo il decreto legislativo 231 del 2001; sul fronte della corruzione ‘dentro la p.a.’ la legge 190 del 2012[…].>>

Se interessati a saperne di più, potete trovare il testo su Pavia University Press.

Dopo i paletti dell’Anvur ecco l’identikit del nuovo ciclo di dottorato

Giu 21, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Dopo i paletti dell’Anvur ecco l’identikit del nuovo ciclo di dottorato

Gli atenei italiani sono stati impegnati il mese scorso nelle procedure di accreditamento del dottorato per il XXXII ciclo proprio mentre l’Anvur licenziava in via definitiva le nuove linee guida per il XXXIII ciclo già definita in data 8 febbraio 2016. Pur nella forte continuità con i criteri e gli indicatori adottati in passato, il nuovo documento dell’Anvur introduce modifiche ed integrazioni che riguardano in particolare: la necessità di assegnare un peso maggiore alla figura del coordinatore;l’acquisizione di maggiori informazioni sulla didattica dottorale; il rispetto della differenza tra dottorati di area bibliometrica e non bibliometrica; l’introduzione di criteri che permettano di supplire alla Vqr man mano che i risultati si allontanano nel tempo.

I paletti per il nuovo ciclo

Tutte le innovazioni introdotte per il XXXII ciclo sono state confermate anche per il XXXIII ciclo, per il quale, però, sono previsti anche i seguenti vincoli: la presenza di un Collegio dei Docenti composto da almeno sedici docenti, di cui non più di un quarto ricercatori, appartenenti ai macrosettori coerenti con gli obiettivi formativi del corso;il ruolo di ccoordinatore assegnato ad un professore dell’ateneo che promuove il dottorato;la copertura di almeno il 50% del Collegio da parte di docenti che prestano servizio nell’Ateneo che promuovono il dottorato. Si segnala tuttavia che il riferimento normativo per l’accreditamento, allo stato attuale, rimane il Dm 45/2013, come indicato nelle stesse linee guida dell’Anvur. Pertanto, benché siano state introdotte modifiche e integrazioni rispetto alle precedenti linee guida, le Scuole ad ordinamento speciale continueranno a non dover garantire la presenza di un collegio di almeno sedici docenti fino a che non verrà modificata la normativa. In questo quadro le scuole ad ordinamento speciale si stanno già organizzando per recepire le nuove indicazioni e merita una particolare segnalazione il dottorato della Scuola Imt Alti Studi Lucca che si prepara a selezionare 34 tra i migliori studenti da tutto il mondo.

Il caso del dottorato all’Imt di Lucca

C’è tempo fino a Mercoledì 13 Luglio per partecipare al bando di ammissione . Un numero di docenti strutturati non ampio non impedisce di garantire un’offerta adeguata. Gli studenti possono scegliere tra quattro curricula: informatica e ingegneria dei sistemi, economia, management e data science, neuroscienze sociali e analisi e management dei beni culturali. Ogni curricula avrà una dotazione minima di borse (6) in modo da garantire la funzionalità e lo sviluppo delle varie attività. Il resto delle borse verrà assegnato esclusivamente in base alla graduatoria di merito quindi indipendentemente dal curriculum in cui si vanno a collocare. All’interno di questi ambiti si intersecano vari percorsi di specializzazione, multidisciplinari e integrati, si potrà seguire il proprio curriculum arricchendolo con lezioni e seminari delle altre aree. Si può ricordare che per lo scorso ciclo di dottorato sono state presentate quasi 2000 domande da tutto il mondo provenienti da 113 paesi stranieri per una trentina di posti, un record assoluto. La Scuola Imt garantisce per l’intera durata del dottorato, oltre alla borsa di studio ministeriale, il soggiorno gratuito nel campus residenziale, l’accesso alla mensa, la possibilità di usufruire di soggiorni all’estero in aggiunta a quelli previsti normalmente, la possibilità di svolgere periodi di lavoro in Italia e all’estero durante lo svolgimento del programma. Per accedere a Imt è obbligatoria una buona conoscenza dell’inglese, lingua in cui
si svolgono tutti i corsi del programma di dottorato. Agli allievi stranieri sono inoltre messi a
disposizione corsi di insegnamento della lingua italiana. Dei 135 allievi presenti in questo
momento a Imt ben 52 (il 38,5 per cento) sono stranieri. Infine dato fondamentale per il XXXII
ciclo il programma di dottorato si è arricchito di un nuovo curriculum quello in Cognitive,
Computational and Social Neurosciences che rappresenta una assoluta novità nel panorama del
dottorato in Italia e che consente di intrecciare molteplici discipline garantendo anche una
migliore offerta nel panorama internazionale.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 20.06.2016

Nel reclutamento dei docenti conta indicare il settore scientifico-disciplinare

Giu 16, 2016 | Posted by in News, Università | Commenti disabilitati su Nel reclutamento dei docenti conta indicare il settore scientifico-disciplinare

L’indicazione del profilo scientifico in una procedura di reclutamento di associato (ex articolo 18 legge 240/2010) non può assurgere a momento valutativo della stessa procedura. È quanto afferma la pronuncia n.830 del 28 aprile 2016 emessa dalla terza sezione del Tar Lombardia. In particolare la pronuncia tra le altre cose si sofferma sull’esplicazione dei giudizi collegiali dei commissari chiamati a valutare i candidati che hanno presentato domanda alla procedura in questione.

Cosa prevede la norma

Nella fattispecie i giudizi sono in contrasto con quanto previsto dall’articolo18 della legge 240/2010 (la riforma Gelmini) poiché la norma richiede che la specificazione dell’eventuale profilo «avvenga “esclusivamente” tramite l’indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari. Tale profilo è dalla norma, seppur nella sua asciutta formulazione, tenuto distinto dalle “informazioni” sulle specifiche funzioni che il professore andrà a svolgere, che proprio in quanto informazioni, al pari di quelle relative ai diritti e ai doveri nonché al relativo trattamento economico e previdenziale, sono funzionali a far conoscere al candidato tali elementi, al fine di orientare la scelta di partecipare o meno alla procedura, ma non possono avere alcun rilievo, invece, nel momento valutativo che deve essere improntato alla ricerca del migliore candidato in relazione al settore concorsuale individuato». Questa impostazione vincola le università a specificare il settore concorsuale e l’eventuale profilo solo attraverso l’indicazione dei settori scientifico-disciplinari, non potendosi aggiungere altri elementi che possono limitare potenzialmente gli aventi titolo. Non si tratta in questo caso come sostenuto dalla parte soccombente di “doppiare” la procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, come paventano le difese dell’Università e del contro-interessato.

La commissione è andata oltre al bando

La sentenza specifica che «si tratta di procedure distinte finalizzate ad esiti diversi.Il sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, come delineato dall’articolo 16 della legge 240/2010, non costituisce una procedura concorsuale di tipo comparativo tra i singoli partecipanti, in quanto la commissione è chiamata a valutare il curriculum di studi e professionale dei diversi candidati al fine di verificare il possesso dei requisiti di “maturità scientifica” necessari per poter accedere alle successive procedure concorsuali per la nomina a docente di prima e di seconda fascia. Tali ultime procedure, invece, che determinano l’instaurazione di un rapporto di pubblico impiego, sono improntate alla scelta, attraverso una selezione comparativa, del miglior candidato in relazione al posto da ricoprire, individuato, secondo il disposto di cui all’articolo 18 della legge 240/2010, esclusivamente tramite l’indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari». In buona sostanza l’operato della commissione è andato oltre al profilo indicato nel bando nel momento in cui ha fatto assurgere le «informazioni» sulla tipologia di «impegno clinico e scientifico a criteri di valutazione, così integrando la specificazione del profilo con elementi ulteriori rispetto alla indicazione del settore scientifico-disciplinare». Questo comportamento la commissione l’aveva già avuto nel momento della definizione dei criteri di valutazione dei candidati dove l’indicazione dell’«esperienza di direzione di unità operativa complessa» ha avuto un peso fondamentale e la commissione diversamente operando ha scambiato secondo il Tar la procedura di selezione per il reclutamento di un professore associato con quella per un incarico di struttura complessa. È proprio per questo che la commissione va rinnovata, secondo il Tar, nella sua composizione.

L’articolo è stato scritto dal dott. Vincenzo Tedesco e pubblicato su Scuola24 in data 16.06.2016